Elba,
la nostra isola



Quello che poteva andar bene durante il secolo scorso, oggi appare un consumato luogo comune: camminare più leggeri sul pianeta sarebbe stato encomiabile, ma abbiamo fatto il contrario! Oggi, se vogliamo combinare qualcosa di buono per noi stessi, i posteri e tutto ciò che è vita su questo pianeta, non possiamo riconsegnare il mondo malato che abbiamo ricevuto: dobbiamo rigenerarlo.

Il degrado è tale che presuppone l’intervento, questa volta benefico, dello stesso attore (l’essere umano) che lo ha provocato. Del resto noi umani, duali come siamo, quel che siamo stati capaci di distruggere possiamo anche ricostruirlo.

Nessuno però si senta il peso del mondo sulle sue spalle. Se è vero che serve uno sguardo globale, questo è un invito a concentrarsi sul frammento di universo del quale possiamo avere concreta esperienza: la nostra isola.

Finito il tempo degli anatemi ideologici, nella coscienza di una gran parte di noi, è nata la consapevolezza che la questione ambientale è qualcosa che non riguarda solo gli ambientalisti, i verdi o i vegani, ma l’umanità intera, compresi gli abitanti del delizioso microcosmo chiamato Isola d’Elba.

Se condividiamo col resto del mondo un inimmaginabile ventennio di crisi, non possiamo non constatare il pericoloso attardamento delle classi dirigenti politiche e imprenditoriali locali e internazionali nel prospettare una visione illuminata e illuminante dell’isola.

Senza polemizzare, consapevoli delle oggettive difficoltà, con l’umiltà di non essere i portatori di verità scritte nella roccia, è nostro desiderio proporre soluzioni concrete, scientificamente fondate, verificabili, accettate dalle persone dopo un dibattito non pregiudiziale o strumentalizzato, rivolte al bene comune della nostra piccola comunità insulare.

La parola chiave è rigenerazione.

È facile da comprendere: se hai seriamente compromesso qualcosa, non puoi passarla così com’è, devi migliorarla, possibilmente portandola alla sua versione migliore.

Per l’ambiente naturale è intuitivo, significa ripristinare le condizioni originali, “naturali” appunto.

Sotto il profilo economico e sociale fortuna vuole che per l’Elba le condizioni più favorevoli al loro armonioso sviluppo, si coniughino benissimo con la naturalità ambientale. Questo non significa trasformare l’Elba in una riserva sorvegliata a vista da carabinieri forestali, ma offrire un grande parco naturale unico nel Mediterraneo ad un turismo in cerca di quel che manca nel resto del paese:

1. un ambiente veramente naturale e salubre;
2. un’economia basata su micro e piccola imprenditorialità che ama veramente ciò che produce;
3. una gestione delle risorse e dei beni comuni veramente virtuosa

L’avverbio veramente indica un’inversione decisiva rispetto alla retorica promozionale di una pubblicità anni settanta, ormai neanche buona per il marketing più dozzinale.

La nostra convinzione è che migliorando la qualità della vita dei residenti, miglioreranno anche le performance dell’economia turistica.

Stiamo lavorando gioiosamente insieme per:

  • salvaguardia e rigenerazione dei beni comuni, in primo luogo, l’acqua (dolce e salata), l’aria, il suolo;
  • rinaturalizzazione di ambienti naturali degradati per diversi motivi (es. cattiva gestione, introduzione specie non autoctone, incendi, ecc.);
  • incentivi all’agricoltura che non impoverisca il suolo inquinando le falde acquifere, al contrario lo arricchisca di vita;
  • Elba autosufficiente energeticamente e ad emissioni zero;
  • sviluppo di aziende che rispettino i principi dell’economia circolare, con una visione etica a trecentosessanta gradi;
  • recupero della dimensione di comunità insulare valorizzandone le tante particolarità esistenti e al contempo trovare l’unità per affrontare le sfide comuni.

L’Elba è una piccola grande isola, composta da tanti micro ambienti sia naturali che sociali. Nell’era della globalizzazione, dove a Kathmadu puoi trovare gli stessi cibi che a Los Angeles, la diversità gioca a nostro favore: coltiviamola e dove sia stata compromessa rigeneriamola!

Di fronte ad una crisi globale e su tutti i piani del vivere come quella che stiamo vivendo la passività è letale, ma quando si agisce bisogna avere chiaro dove si vuole arrivare e soprattutto come arrivarci.

La chiarezza creerà attriti e contrasti, il mondo che sta morendo non mollerà facilmente, la mente e soprattutto il cuore, farà fatica a passare dalla frammentarietà egoica all’unità sistemica, ma ne vale la pena.

Proprio per questo non abbiamo voluto fondare una nuova associazione in competizione con quelle esistenti. Il nostro è un gruppo di persone che desidera unire, non dividere.